La Privacy Sandbox è stato un progetto ambizioso di Google, mirato a risolvere il conflitto tra la privacy degli utenti e le esigenze del marketing online, che si è sempre basato sull’uso dei cookie di terze parti. Sebbene inizialmente promettente, il progetto ha incontrato molte difficoltà e alla fine Google ha deciso di interromperlo. In questo articolo esploreremo cos’è stato il progetto Privacy Sandbox, i problemi che ha incontrato e le motivazioni dietro la sua cancellazione.
L’equilibrio tra privacy degli utenti e pubblicità online
Il modello di business su cui si basa gran parte di Internet è il marketing mirato: la pubblicità che segue l’utente in base ai suoi comportamenti online. Per fare ciò, i siti web utilizzano i cookie di terze parti. Questi raccolgono dati usati poi dagli inserzionisti per targetizzare gli utenti con annunci pubblicitari personalizzati. Un metodo, questo, che aumenta l’efficacia della pubblicità.
Tuttavia, questo sistema ha sollevato preoccupazioni significative sulla privacy degli utenti. I cookie di terze parti, infatti, permettono di tracciare gli utenti in modo invisibile e di costruire profili dettagliati delle loro abitudini, attività e preferenze. Questo ha portato a una crescente intensificazione delle normative sulla privacy, come il GDPR, che mira a proteggere i diritti degli utenti e a garantire che i loro dati vengano trattati in modo trasparente e sicuro.
Il bilanciamento tra privacy e pubblicità online è quindi una sfida complessa. Da un lato, i cookie e altre tecnologie di tracciamento sono essenziali per il finanziamento gratuito dei servizi online (come i social media, i motori di ricerca, ecc.), dall’altro, questi strumenti pongono un serio rischio per la privacy degli utenti.
Per saperne di più > Cookie di terze parti: il mondo dopo la loro fine
Il progetto Privacy Sandbox di Google per abbandonare i cookie di terze parti
Nel 2019, Google ha lanciato il progetto Privacy Sandbox, con l’obiettivo di eliminare i cookie di terze parti e introdurre soluzioni alternative che migliorassero la privacy degli utenti, pur permettendo agli inserzionisti di continuare a fare pubblicità mirata.
Una delle tecnologie principali introdotte dalla Privacy Sandbox era il FLoC (Federated Learning of Cohorts), una soluzione innovativa per il targeting pubblicitario. In pratica, FLoC consentiva a Google di raggruppare gli utenti in coorti (gruppi di persone con interessi simili) sulla base dei comportamenti di navigazione. Quindi, anziché tracciare ogni singolo utente e profilare i suoi dati, FLoC creava gruppi anonimi e indirizzava gli annunci pubblicitari in base agli interessi collettivi di ciascun gruppo.
Ad esempio, un utente che visitava frequentemente siti web di e-commerce, tecnologia e sport sarebbe stato raggruppato in una coorte di utenti con interessi simili. Gli inserzionisti avrebbero quindi indirizzato annunci pubblicitari a questo gruppo di persone, senza mai avere accesso ai dati di navigazione individuali.
Tuttavia, FLoC ha sollevato preoccupazioni riguardo alla privacy, poiché anche se non tracciava gli utenti singolarmente, le coorti di utenti potrebbero comunque essere troppo specifiche, permettendo una profilazione dettagliata che violava i principi di anonimato e protezione dei dati. Le critiche hanno riguardato anche il fatto che Google avrebbe mantenuto un controllo centrale sulle modalità di raccolta e gestione dei dati, alimentando preoccupazioni antitrust.
Oltre a FLoC, il progetto Privacy Sandbox includeva altre tecnologie, tra cui:
- Protected Audience API (ex FLEDGE): per il remarketing senza raccogliere informazioni identificabili sugli utenti.
- Topics API: per la pubblicità contestuale, che si basa sugli interessi attuali degli utenti, piuttosto che su un tracciamento invasivo.
- Conversion Measurement API: per misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie senza compromettere la privacy.
Queste tecnologie erano progettate per mantenere l’efficacia della pubblicità online, riducendo al contempo l’uso di cookie di terze parti e migliorando la privacy degli utenti.
Le difficoltà incontrate dal progetto Privacy Sandbox di Google e i rinvii
Nonostante le promesse iniziali, il progetto Privacy Sandbox ha incontrato diverse difficoltà. In primo luogo, l’implementazione di soluzioni alternative ai cookie di terze parti ha suscitato preoccupazioni da parte di altri attori del settore pubblicitario. In molti, ad esempio, hanno accusato la proposta di FLoC. Avrebbe creato nuovi problemi di privacy, poiché avrebbe potuto essere utilizzata per profilare gli utenti basandosi solo su gruppi piuttosto che su tracciamenti individuali. Alcuni esperti hanno anche evidenziato che la privacy degli utenti era comunque a rischio, solo in modo meno visibile.
Inoltre, l’iniziativa ha attirato l’attenzione delle autorità antitrust. La proposta di Google di centralizzare la gestione dei dati attraverso la Privacy Sandbox e di fornire un unico sistema di tracciamento ha suscitato preoccupazioni riguardo al potenziale monopolio nel settore della pubblicità digitale. Gli antitrust temevano che, pur sostituendo i cookie di terze parti, Google avrebbe mantenuto un controllo troppo grande su come i dati venivano raccolti e utilizzati per la pubblicità.
A causa di questi problemi, Google ha rinviato il progetto più volte. Gli esperti di privacy, i datori di lavoro e le autorità antitrust hanno spinto per ulteriori revisioni. Google cercava di modificare e perfezionare le soluzioni proposte.
Per approfondire > Cookie di terze parti: Google prende tempo
E alla fine Google rinuncia al progetto Privacy Sandbox
Il 22 aprile 2025, Google ha annunciato ufficialmente che avrebbe interrotto il progetto Privacy Sandbox. La ragione principale di questa decisione è che l’attuazione della Privacy Sandbox avrebbe probabilmente portato a un nuovo procedimento antitrust. Procedimento che Google non avrebbe mai potuto superare indenne. In sostanza, l’azienda ha scelto di fare un passo indietro sull’iniziativa, poiché la sua realizzazione avrebbe suscitato un’ulteriore regolamentazione da parte delle autorità e avrebbe potuto compromettere la competizione leale nel settore della pubblicità online.
Pertanto, Google ha confermato che i cookie di terze parti continueranno a essere utilizzati per il tracciamento online, almeno nel breve periodo, con un ritorno alla situazione precedente.
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